Nuovi suoni, nuova musica: l’evoluzione musicale, passando da Stockhausen ai Pink Floyd

La crisi musicale del ‘900 e lo sviluppo di nuove idee, una rivoluzione che vede tra i protagonisti  grandi sperimentatori e la tecnologia

L’inizio del ‘900 vede la crisi e una messa in discussione della musica sotto vari aspetti, quello che concerne il materiale sonoro, quello del suo linguaggio e la figura stessa del compositore.

Iniziano a circolare e svilupparsi nuove idee extra-musicali, come quella di creare, gestire e registrare rumori, creare musiche che raccontino una storia, una musica che non nasce da idee musicali usuali. Già nel 1913 con la creazione degli intonarumori, inventati da Luigi Russolo, iniziava ad intravedersi una nuova tendenza, nuove vie d’espressione, con questi strani strumenti che prevedevano un parallelepipedo solitamente di legno, con all’interno ingranaggi di vario tipo che venivano azionati con manopole e bottoni per produrre un suono che si propagava tramite un altoparlante, posizionato su uno dei lati di questa “scatola”.

Russolo, insieme a Pratella, fu uno dei padri della musica futurista, avente come punticardine, l’atonalismo, la polifonia portata all’estremo, enarmonia ed una concezione ritmica totalmente libera.

Una sperimentazione che continua anche con John Cage, che per la composizione del balletto “Baccanale” utilizza un piano preparato, ovvero un pianoforte il cui suono è stato modificato applicando tra le corde oggetti di materiale diverso, per alterarne la resa sonora e timbrica.

Successivamente Cage con “4.33”, la celebre opera che consiste nel non suonare lo strumento, si apre ancora di più verso il sonoro. Arrivato scientificamente a constatare che non esiste la possibilità del silenzio assoluto, mira ad esprimere che c’è sempre un suono, ed ogni suono può essere musica.

Si apre anche un dibattito sull’incidenza del progresso tecnologico, non solo verso la creazione e ricezione di suoni inumani, ma anche verso la concezione stessa che la musica mediata tecnologicamente subisca sempre e comunque una modifica timbrica e anche su quanto, quindi, la predisposizione all’ascolto sia troppo incentrata su quest’ultimo aspetto.

L’idea folgorante, è quella di fare una sinfonia di rumori, ed arriva da Pierre Schaeffer, compositore, musicista, ingegnere e tecnico radio Rtf, per un esperimento pervaso da preoccupazioni tecnologiche, sociologiche ed estetiche. Per la realizzazione della composizione, attinge alle librerie sonore della radio in cui lavorava, i mezzi a sua disposizione sono pochi, ma li sfrutta a pieno, come il giradischi ed i vari vinili, ne varia la velocità, li mette al contrario, utilizza una riproduzione a solco chiuso, immagina, sperimenta e realizza tutte le possibili varianti.

Al contrario della musica tradizionale che parte dall’astratto e arriva al concreto, il compositore, dimostra che si può fare musica con suoni dalla realtà da rendere poi astratti, nasce così in Francia nel 1948 la Musique Concrete. L’oggetto sonoro è il perno della rivoluzione di Schaeffer, esso è un avvenimento sonoro percepito come unitario e coerente, ascoltato basandosi solamente sui dati acustici e dimenticando volutamente provenienza e significato.

L’ascolto diventa ridotto, privativo, si ascolta il suono per le sue caratteristiche interne, senza cause e significati, si dirottano le attenzioni dalle cause al suono oggettivamente inteso. Un ascolto che diventa anche casuale, quello di tutti i giorni, che Schaeffer vuole sospendere nel caso dei rumori, il suono non è più un veicolo.

Nella sua opera “Primo concerto di rumori”, il materiale base è il rumore, che viene manipolato con la tecnologia: montaggi, uso di filtri, sovrapposizioni, aumento e diminuzione velocità. Dopo la messa in onda dell’opera nel 1948 e l’introduzione di nuove apparecchiature, il movimento della musica concreta continua a crescere fino alla costituzione di un gruppo di ricerca nel 1951.

Un taglia e cuci grazie ai nuovi macchinari, il supporto dell’orecchio umano e l’esclusione della notazione musicale tradizionale, per composizioni sempre più sperimentali.

Nel frattempo in Germania avviene la nascita della Elektronische Musik, negli studi radiofonici WDR di Colonia, nel 1953. Un approccio elettronico puro, la manipolazione dei suoni avviene su nastro magnetico, non solo nuovi strumenti, ma una una nova logica, nuove concatenazioni sia di struttura che di forma, i protagonisti sono Herbert Eimert e Karlheinz Stockhausen.

L’idea è quella di controllare tutti i dettagli del suono e della composizione, non più caos alla Schaeffer e suoni per sé stessi, ma una vera e propria architettura, escludendo qualsiasi tipo di narratività o discorsi intimi con l’ascoltatore. I suoni sono inventati dal nulla e creati su misura, con la pretesa di creare il suono perfetto. Per esempio con i primi sintetizzatori, in grado di modificare e creare suoni.

Costruiti nel sintetizzatore sono un certo numero di oscillatori, questi producono un suono elettronicamente. Ogni oscillatore produce un tipo di suono differente con una differente forma d’onda, un’onda sinusoidale. Un altro oscillatore produce un’onda triangolare, un altro la produce a quadrato o impulso. L’intonazione o la velocità di oscillazione di ciascuna forma d’onda può essere gestita. Per controllare il pitch di un sintetizzatore può essere utilizzata un finger board o una tastiera. Miscelando le varie forme d’onda si può raggiungere maggiore varietà o ricchezza del suono. I suoni esterni possono, una volta registrati, venire filtrati e campionati per poi essere modellati a piacimento. I filtri sono anche utili per emulare e riprodurre i suoni prodotti da strumenti musicali tradizionali. Infatti, gli strumenti musicali possono essere imitati sul sintetizzatore, creando forme d’onda e mixando e filtrando e modificando l’envelope di questi suoni.

Per esempio per imitare il suono di un contrabbasso, che produce suoni caratteristicamente basi, si usa un filtro in grado di tagliare i toni alti e successivamente si procede sulla scelta della forma dell’onda che più sembra avvicinarsi al suono dello strumento originale. Infine, un passaggio determinante, si aggiunge un envelope che ci permette di scegliere l’attacco e il decadimento del suono che si sta creando.

Successivamente i sintetizzatori verranno dotati di sequencer, ovvero dispositivi in grado di memorizzare i suoni e di ripeterli in sequenza. La gamma di possibilità che si apre è enorme e si può estendere da impostazioni popolari del rock n’ roll a quelle più astratte della musica da sala concerti. Pensiamo ai Pink Floyd, Richard Wright ha sperimentato moltissimo, nella sua strumentazione il Compact Duo, il Compact Combo, e il mitico organo Farfisa, di produzione italiana, che non solo riusciva creare atmosfere spaziali e conferire suoni ancora più psichedelici, ma fino a Dark side of the moon, è stato un elemento chiave del sound floydiano. Pezzi d’avanguardia come Sysyphus, risentono dell’influenza Stockhauseniana e hanno rappresentato quella voglia di scoprire ed esplorare la musica che li ha sempre contraddistinti.

La musica elettronica è immediata. Rispetto al passato un compositore che lavora con la musica elettronica è simile ad uno scultore che lavora direttamente con i suoi mezzi a disposizione, i suoni si sentono mentre sono creati. La tecnologia ha di fatto rivoluzionato la musica.

In Italia, lo Studio di Fonologia musicale di Milano della RAI, progettato dal fisico Alfredo Lietti, nasce ad opera dei musicisti Luciano Berio e Bruno Maderna nel 1955, anche qui s’inizia una significativa produzione sperimentale di musica elettronica e la realizzazione di commenti e colonne sonore per la radio e la televisione.

La musica elettronica si sviluppò soprattutto all’interno di studi degli enti radiofonici più importanti d’Europa perché solamente questi possedevano le costose apparecchiature all’avanguardia necessarie per la sperimentazione.

In merito alle ricerche effettuate nello studio di Colonia, Stockhausen affermò che “Si giunse a questa musica quando, a partire dal 1950, si cominciò a mettere in discussione tutto ciò che costituisce la musica europea: non solo il linguaggio musicale, la sua grammatica i suoi vocaboli, ma anche il materiale sonoro finora usato, i suoni stessi. Già a cavallo del secolo si voleva dire qualcosa di nuovo, ma si continuava a servirsi dei vecchi segni sonori. Si arrivò così ad una contraddizione tra la natura fisica dei suoni strumentali usati fino ad allora e le nuove concezioni formali della musica”.

Il Group de Recherches de Musique concrete di Parigi, lo Studio per la musica elettronica di Colonia e il Centro di fonologia della RAI di Milano, sicuramente rappresentano dei luoghi fondamentali, ed ognuno di questi studi intraprese vie compositive specifiche.

A Parigi l’elaborazione di materiale sonoro, a Colonia la serializzazione di suoni generati sinteticamente, a Milano l’empirica fusione di suono e rumore, sintetizzato o naturale. Queste correnti musicali oltre ad aver rappresentato un punto chiave nello sviluppo della musica contemporanea, hanno indubbiamente aumentato ed incrementato le possibilità sia compositive che foniche dei musicisti, per una musica che si fa sempre più aperta ad ogni genere d’esperienza ed espressione possibile.

 

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